COS'È?
Il suo nome deriva dalla parola greca "opos" che significa "succo" o "lattice", è il liquido lattiginoso, ottenutoper incisione delle capsule ancora verdi del "Papaver somniferum", un vegetale molto simile all'innocuo papavero che cresce dalle nostre parti. La maggiore produzione si concentra in Estremo Oriente (o Sud-Est asiatico), in Medio Oriente (o Sud-Ovest asiatico ) e, in minore entità, in Messico.
L'oppio grezzo quando è fresco, si presenta in grumi resinosi (pani, bastoncini), generalmente di colore bruno (da caffelatte a nero), dal sapore amaro e dal caratteristico ed intenso odore (acre, piccante, leggermente ammoniacale), che si intensifica quando il prodotto è disciolto in acqua. La consistenza è variabile: alcuni oppi sono pastosi e possono assumere forme diverse, in dipendenza del metodo di confezionamento e della zona di origine; essiccando, l'oppio diventa fragile, duro ed alla frattura mostra superfici lucidissime di colore bruno-nerastro. Nella sostanza sono presenti circa40 alcaloidi non tutti però ad azione stupefacente. Alcuni sono inclusi tra gli stupefacenti come la morfina, la codeina e la tebaina. Altri, narcotina, papaverina e narceina, non hanno azione stupefacente pur presentando importanti azioni farmacologiche.
L'oppio (e i suoi derivati) rappresentano, infine, le prime droghe in senso tecnico-giuridico: infatti, le prime convenzioni internazionali dell'Aja (1912) e le tre firmate a Ginevra (1925, 1931 e 1936), furono principalmente indirizzate al controllo di queste sostanze oppiacee, oltre che della cocaina.
EFFETTI - APPROFONDIMENTI
Psicoattivi: gli effetti provocati dal consumo di oppio sono sostanzialmente comparabili a quelli provocati dall'assunzione ripetuta di piccole dosi di morfina.
Diversa è, invece, la loro intensità perché attraverso il fumo una dose considerevole di principio attivo contenuto nell'oppio rimane nel "chandoo", il residuo che si raccoglie in fondo alla pipa e che viene eliminato al termine dell'assunzione. L'oppiomane, in seguito alla somministrazione, pur restando ben cosciente e consapevole delle proprie facoltà e percezioni, approda in una sorta di "nirvana" popolato da visioni estatiche. Subentra in lui uno stato di distensione, di distacco dalla realtà; uno stato di cosiddetta "gioia contemplativa". L'assuntore ha la distorta percezione di emanciparsi dall'ansia, di affrontare la realtà con più serenità e con una maggiore fiducia nelle proprie capacità.
Collaterali: il risveglio può essere, però, meno piacevole accompagnato da uno stato di grande confusione e di smarrimento. Quando poi si instaura la dipendenza, il quadro è molto più grave: tra una dose e l'altra si ha uno stato di apatia e di grande depressione. Il sonno è spesso costellato da incubi che, peraltro, si possono, anche, presentare durante la veglia. L'intossicazione acuta dovuta a dosaggi d'impiego particolarmente elevati può portare alla morte dell'assuntore per depressione respiratoria con complicazioni polmonare. Se, a seguito del protrarsi delle somministrazioni, l'intossicazione da oppio diventa cronica si determinano forme di decadimento fisico e psichico assai gravi i cui sintomi sono assimilabili a quelli provocati dall'uso endemico dell'alcol: polinevriti (abolizione dei riflessi tendinei, atrofie, edemi) e forme di demenza precoce. L'uso costante, oltre alla dipendenza fisica e psichica, determina anche assuefazione e l'insorgere della sindrome di astinenza alla cessazione delle somministrazioni.